La spesa la facciamo tutti, giusto? Cambia l’Iper, il reparto, lo scaffale, ma il consumatore è costantemente bombardato da imput all’acquisto. Come riesce, quindi, un marchio a catturare la sua attenzione? In questo articolo vi spieghiamo come fare branding, definendo i punti principali per la costruzione di una solida brand identity.
Tutti a scuola dagli americani
Parlare di branding senza aver chiaro il concetto di marca, può risultare difficile. La letteratura ci insegna che il termine deriva dal germanico “marka”, che esprime il significato di confine, un territorio contraddistinto da qualità. La marca ha una sua esistenza concreta, non è intangibile, si concretizza quotidianamente nei loghi, negli store che la rappresentano, nei prodotti che la interpretano. Ma chi ci ha insegnato a fare branding? Ma ovviamente gli americani, quelli della Coca Cola, della Gillette, della Ford e altri brand storici nati nell’età d’oro del “marketing e brand management” (1870-1929). Anziani si, ma non nello spirito: ci “parlano” ancora oggi, indipendentemente dall’anno di nascita. La riconoscibilità del loro marchio è oggi indistruttibile, ed è quello che conta. Prendiamo Apple, ad esempio: non è leader di mercato nella telefonia, ma è il brand tra i più riconoscibili ed influenti del settore.
Come costruire la Brand Equity
La Brand Equity è quella risorsa immateriale complessa, quel valore aggiunto apportato da fedeltà, notorietà e associazioni mentali. Se l’identità di marca è alta, il valore effettivo del brand può essere molto più rilevante del semplice fatturato (non a caso l’asset sulla capitalizzazione del marchio è oggi uno dei più importanti). Grande riconoscibilità e una brand proposition (proposta di valore aggiunto per il consumatore) che risuoni nella mente del cliente finale. Facciamo due esempi:
- Valfrutta: dai, non ditemi che appena pensate a questo marchio, il payoff e il jingle non bussano prepotentemente nel vostro cervello! Valfrutta è da sempre “la natura di prima mano” e le strategie aziendali devono dimostrarlo. L’ingresso nel mercato dell’energia eolica deriva, appunto, dalla volontà di mantenere alta la connessione che il brand ha con la natura.
- Red Bull: cosa fa Redbull lo sappiamo ormai tutti. Redbull ti mette le ali! Oltre al prodotto in sé, c’è un chiaro messaggio veicolato dal marchio: vuoi stare al passo con gli altri, migliorare le tue prestazioni e andare sempre più in alto? Ti serve la lattina del toro!
I 3 step della Brand Equity
- analisi del consumatore: dobbiamo conoscerlo, comprendere le sue motivazioni all’acquisto, i bisogni latenti e i trends che il mercato propone periodicamente.
- analisi dei concorrenti: specialmente nella strategia e nei punti di forza e debolezza. Se conosciamo i nostri principali competitors siamo anche in grado di distinguerci da loro proponendo al consumatore un reale valore aggiunto.
- analisi interna: ricordiamo sempre chi siamo, la nostra storia e l’immagine che il brand ha mantenuto nel corso degli anni. La coerenza paga sempre. A questo si deve aggiungere un’attenta analisi dell’organizzazione per comprendere i punti da migliorare e quelli su cui fondare la strategia sul lungo periodo.
Ma quello che conta sempre di più è la proposta di valore che vogliamo comunicare al nostro consumatore e che ci distingue dalla concorrenza. Cosa gli stiamo promettendo? Cosa otterrà col nostro prodotto? Dobbiamo raccontarglielo. Ma attenzione! La promessa deve sempre essere equilibrata, mentire è pericoloso e a lungo termine non paga mai. Solitamente distinguiamo 3 tipologie di benefici per il nostro consumatore: funzionali, emotivi e di auto-espressione.
- funzionali: gli attributi del prodotto sono essenzialmente la causa/mezzo del beneficio. La proposta di valore è direttamente collegata alla funzionalità e all’utilità del prodotto. Come abbiamo visto prima, Red Bull “ti mette le ali”, e così facendo tiene svegli e migliora le performance.
- emotivi: sono legati alla capacità della marca di far provare al consumatore qualcosa di speciale all’atto dell’acquisto o durante l’esperienza d’uso. Ad esempio il brand Barilla, da sempre, veicola valori di tradizione e di calore familiare. Non a caso, “dove c’è Barilla, c’è casa“.
- auto espressione: esistono quando una marca offre uno strumento attraverso cui il cliente può avanzare pretese di una particola immagine di sé. Il brand offre quindi un modo per comunicare sé stessi. Ad esempio, Ralph Lauren è per i raffinati, Gap per gli amanti di uno stile più urbano e dinamico.
Attento a ciò che dici e dove lo dici
La costruzione di una forte brand identity passa anche attraverso il rispetto che il brand acquisisce sulla propria audience, ottenuto prestando attenzione a cosa diciamo e dove. La conoscenza dei bisogni del nostro consumatore “tipo” è fondamentale, lo abbiamo visto, ma non basta. Dobbiamo capire dove intercettarlo, in che terreno preferisce comunicare. Poniti, quindi, alcune domandi fondamentali come:
- di che audience parliamo? (di nicchia, di massa…)
- con quali dispositivi interagisce quotidianamente? (desktop o preferisce il mobile…)
- cosa legge, dove si informa? (giornali, blog, social…)
- quali mezzi di comunicazione preferisce? (tradizionali o mediati dalla tecnologia digitale…)
Una volta ottenute queste informazioni, puoi concentrarti sui contenuti. Una headline (Apple – “Think different“) che catturi l’attenzione, i post adatti per ogni tipologia di piattaforma social, la newsletter che invii alla tua audience sono parte integrante della tua brand identity
Ora tocca a te!
Costruire una brand identity solida non è impossibile. Cerca di capire come il tuo prodotto o servizio possano migliorare la vita del consumatore a cui ti rivolgi e soprattutto comunicaglielo nel modo migliore e tono giusto. Concentrati sulla tua unicità nel posizionare il brand, ma sempre “buttando l’occhio” sulla concorrenza! Guadagnati il rispetto necessario prestando attenzione a cosa dici e dove, genera valore aggiunto in modo che la tua identità di marca sia solida e duratura.