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La nuova frontiera del Recruitment: il CV anonimo

cv

Dopo la decisione della Finlandia di iniziare il 2021 estendendo il periodo di prova del progetto di blind-name recruitment, vediamo più da vicino come si sta evolvendo il mondo della selezione del personale negli ultimi anni.

“Rimuovi i Bias dal tuo processo di selezione”

È proprio questo che sta facendo la Finlandia e no, non si tratta di una novità ma di un’iniziativa presa da molti paesi nel corso degli ultimi anni. Perché la Finlandia ha fatto scalpore? Perché è, fino ad ora, l’unico paese che dopo il periodo di prova si è dichiarato favorevole alla pratica, mentre gli altri si erano sempre mostrati titubanti, vedendo un grande numero di fattori negativi nella messa in pratica di questo tipo di selezione.
Dalla scorsa primavera a dicembre 2020, ad Helsinki questo esperimento ha portato a 41 assunzioni in 12 settori diversi, motivo per cui ora l’esperimento si sta ampliando anche in altre aree del paese.

Cosa sono i Bias

I Bias sono delle Euristiche errate, nonché delle associazioni automatiche del nostro cervello che avvengono senza che noi ne siamo consapevoli, per risparmiare tempo nel processo di pensiero.
I Bias sono “errati” perché appunto portano a conclusioni non veritiere. Ne esistono di tantissime tipologie a seconda dell’associazione che il tuo cervello compie e in questo caso specifico l’influenza di pensiero può avvenire in maniera inconscia nella mente di un selezionatore che è influenzato da fattori non strettamente legati con le competenze di un candidato.

Cos’è un CV anonimo

Si tratta di un Curriculum da cui vengono nascosti alcuni dati che potrebbero essere oggetto di discriminazione, volontaria o inconscia, da parte dei selezionatori.
Normalmente vengono eliminati:

  • Nome
  • Età
  • Genere
  • Provenienza
  • Interessi personali
  • Nome delle università o istituti frequentati

Scontato sottolineare come anche le foto non siano ammesse, perché verrebbero meno le intenzioni sopra citate.
In molti casi, sono i recruiters stessi a decidere quali elementi nascondersi perché oggetto di più attenta selezione. Un esempio pratico? La società di consulenza legale Clifford Chance era interessata ad assumere neolaureati e prima della selezione ha volutamente eliminato il nome dell’università frequentata, per non rischiare di essere influenzati dal prestigio dell’università, ma valutare semplicemente le abilità del candidato.
Consci dei loro “limiti” umani, perché di questo si parla, i recruiters stessi hanno preso questa decisione che si è rivelata vincente.
Per avere prova delle competenze, poi, procedendo sempre nell’ottica del Blid Recruitment, esistono molti modi di testare le abilità di un candidato con dei test che non richiedano l’identificazione se non attraverso un numero di serie.
Una volta superata anche questa fase, quando necessaria, si passa al vero e proprio colloquio, dove vengono inevitabilmente prese in considerazione anche altri fattori come la presenza, l’atteggiamento, il carattere e molto altro.

Quali sono i presunti vantaggi del blind-name recruitment

Non sono solo i candidati a godere dei vantaggi di questo genere di selezione, ma anche le aziende che possono essere sicure di fare la scelta migliore e di aumentare la diversità nell’ambiente di lavoro.

I dati a sostegno del cv anonimo

Un recente studio di Adecco mostra come il 35% delle società nel Regno Unito stia usando questa tipologia di selezione. I dati che sostengono che sia la scelta giusta:

  • Le persone con dei nomi stranieri o riconducibili ad un’altra etnia devono mandare il 50% di CV in più rispetto ad una persona “bianca” per ricevere un colloquio
  • Il 92% delle società conosce i limiti dei bias inconsci durante il processo di selezione ma solo il 45% fa qualcosa per ovviare al problema.
  • Durante il primo studio sul Blind Recruitment nel 1980, la Toronto Symphony Orchestra decise di scegliere i suoi nuovi componenti con delle audizioni bendate, giudicando il candidato solo in base alle doti musicali. Il risultato? La componente femminile crebbe di circa il 35-45%.
La situazione negli altri paesi europei

Se c’è chi sostiene che il Name-blind recruitment possa essere la nuova frontiera della selezione, c’è anche chi, al contrario, vede grossi limiti in questa pratica e pensa sia meglio affidarsi alla preparazione dei recruiters, la cui formazione è composta anche dalla conoscenza e la gestione dei bias.
In passato, come anticipato, anche altri paesi avevano tentato questo percorso, decidendo di abbandonarlo, però, dopo un periodo di prova.
Nel 2015, in Francia, la pratica è stata resa obbligatoria per le aziende con più di 50 dipendenti, oscurando dal CV i dati riguardanti sesso, razza, religione e nome, riportando solo la propria storia professionale. Questa sperimentazione è iniziata su 50 aziende volontarie, ma non da tutte è stata valutata positivamente.
Nel 2017 l’elenco dei paesi che avevano dato vita a progetti pilota era più lunga: Spagna, Francia, Regno Unito, Germania, Olanda e Svezia, ma nessuno di essi ha avuto i risultati e l’entusiasmo che ha la Finlandia oggi.
Il paese, infatti, ha annunciato di voler implementare i propri sistemi informatici, attualmente l’ostacolo più arduod da supereare, perché sostengano i cv anonimi.


Questa pratica attualmente si sta diffondendo anche in Italia. Pensi sia una scelta valida? Faccelo sapere nei commenti!

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